Alla ricerca della splendida Coturnice di Sicilia - C&C Hunting | Outdoor Innovation

Ricordo come fosse ieri la mia prima coturnice, ma sono passati appena 21 anni, era l’anno della mia prima licenza, tanta voglia di novità scorreva nelle mie vene, ma anche rispetto della tradizione che mio nonno prima, e mio padre dopo, hanno iniettato.

La sera precedente ricevetti una telefonata a casa era Giovanni, il mio compagno di caccia, “domani andiamo a cotorne con Domenico”. L’indomani mattina partimmo che era ancora buio a bordo della macchina color vinaccio di Domenico, nel trasportino due splendidi pointer.

Arrivati sul posto aspettammo il canto della brigata che non tardò ad arrivare. Avevo già visto e sentito cantare le cotorne durante le mie scorribande tra le sciare della nostra “montagna”(ma vi assicuro che ancora oggi sentirle cantare è sempre un emozione unica) la stessa che provai quel giorno.

Quando il sole di inizio ottobre cominciò a scaldare le colline catanesi, colorate di giallo e marrone, Domenico slegò i suoi cani e iniziammo a consumare i nostri scarponi calpestando stoppie e argilla appena arata. Dopo qualche ora di duro cammino decidemmo di fermarci sotto tre alberi di eucalipto che dominavano la valle, lì, all’ombra, scambiammo qualche chiacchiera tra l’immancabile sigaretta di Domenico, le battute di Giovanni e i racconti di grandi fucilate di Alessandro, nessuno di noi quattro però si immaginava cosa stesse per accadere.

21 anni fa la tecnologia non era dalla parte del cacciatore e quindi non ci eravamo accorti che nel vallone sotto di noi i due pointer erano diventati delle statue, fermi con il naso al vento, fummo destati solo dal fragore di un bellissimo volo di 10 cotorne che in pochi secondi percorsero più di un chilometro, non vi dico cosa uscì dalla nostra bocca.

A quel punto non ci restò che cercare la loro rimessa. Camminammo per circa mezz’ora, improvvisamente fui attratto da un movimento frenetico di uno dei due pointer che di scatto si fermò in una posa degna del miglior scultore italiano, l’altro consentì.

Ero il più vicino e Domenico gridò a bassa voce “vai vai!!”

Mi avvicinai, l’adrenalina scorreva nelle mie vene, stringevo tra le mani il mio 121 sperando di non sbagliare e nel frattempo guardavo i due pointer che irrigidivano sempre più i loro muscoli, sembravano di marmo.

Ero pronto, emozionato come non mai, aspettavo che si realizzasse quel sogno da sempre. Volarono due cotorne, prima una e poi l’altra, emettendo un canto e, con il battere delle loro ali, un fragore da paura, sparai un colpo e la vidi cadere, rimasi lì con il fucile imbracciato, non sapevo più cosa fare ero troppo felice per sparare ancora.

Uno dei pointer riportò la coturnice tra le mani di Domenico che la mise nel mio gilet dicendomi “bravo!!”. Avevo 20 anni, adesso ne ho 41, quante emozioni mi ha offerto la mia terra, la mia passione!

Nei primi anni non ho posseduto un cane, mancanza di spazio, ma anche di tempo visto che il mio lavoro mi ha portato presto lontano dalla mia Sicilia. Nonostante i 1400 km che ci separavano, organizzavo le mie ferie scegliendo i periodi migliori per andare a caccia e vivere in pieno ciò che mi piaceva di più.

Immancabile l’apertura a conigli, elemento principe della cultura venatoria isolana, poi, sino a quando fu possibile, andavo a cotorne servendomi dei cani dei miei compagni di caccia e poi da fine ottobre solo beccacce e sempre e solo con i cani nonostante le sirene dei colombacci, dei tordi e allodole fossero pronte ad ammaliare i cacciatori.

Dopo 6 lunghi anni rientro a casa da Milano e cosa posso fare per vivere la caccia per come mi ha insegnato il mio maestro papà?

Subito entra in casa il mio primo cane, Ares, un meticcio, un incrocio “non voluto” tra un setter e un breton, sembrerebbe un eresia oggi tra i puristi, forse anche per me diventato “setterista” convinto, ma fu un grande cane!

Quanti ricordi con lui! Nel tempo la mia caccia è stata quella fatta con lui, mio papà e pochi amici, a quaglie e poi a beccacce tra la piana di Catania e i boschi della Sicilia centro – orientale.

Oggi dove tutto cambia di corsa cerco ogni giorno di vivere questa mia unica passione vivendola a rallenty per goderne il più possibile e, nello stesso tempo, correndo per restare al passo con i tempi e vivere un concetto di caccia nuova legata all’ambiente sognando una gestione faunistica dei meravigliosi luoghi della mia terra, sperando di solcare con il mio setter Yuri, i boschi, oggi preclusi, dei Nebrodi a scovare la regina e le sciare dell’Etna a rincorrere le meravigliose cotorne.

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Addestramento dei segugi sulla lepreCotorne in Bosnia